martes, 29 de abril de 2008

Più politico che privato

In molti hanno scritto e commentato sul caso di María Eugenia Sampallo Barragán, la ragazza figlia di desaparecidos che ha portato in tribunale la coppia che l'aveva, diciamo, presa in custodia. I due non-genitori non-adottivi sono stati condannati in primo grado nei giorni scorsi.

Mi ha altrettanto colpito la storia di Evelyn, di cui si è parlato meno in giro. La vicenda è simile. Anche Evelyn è nata in un centro di detenzione, anche i suoi genitori sono stati fatti sparire. Ma il suo rapporto con la "nuova" famiglia è meno conflittivo, e lei è al centro di una battaglia legale, e mediatica, e mi allargo, socio-culturale. Evelyn ha sempre rifiutato il test del dna, per non offrire una prova ad una eventuale incriminazione dei secondi "suoi". La corte suprema le ha dato ragione nel 2003, ma i campioni che servivano all'analisi sono stati ricavati da oggetti personali sequestrati in casa sua e il dna ha confermato l'identità dei suoi genitori biologici. La povera Evelyn è quindi strattonatissima da una parte e dall'altra, fra chi la vuole come "caso esemplare" del recupero dei nipoti (vedi prima pagina di P/12 del 23/4 qua sotto), e la spesso malintenzionatissima "contra" dell'attività delle Abuelas. Non mi metto nella questione legale perché non ne ho i mezzi, ma nella faccenda ci sono un paio di cose che a naso mi lasciano abbastanza perplesso.

Una è questa affermazione di uno degli avvocati di Abuelas intervistato da P/12:

D –Il momento della decisione di sottoporsi alle analisi dev'essere quello più difficile, soprattutto per le conseguenze che possono sorgere per le persone che li hanno allevati.

R –Esatto, e adesso la decisione è dello Stato. E questa metodologia (quella del campionamento "indiretto", nota mia) affida allo Stato questa decisione che altrimenti rimane in mano ai ragazzi, che in questo modo sono di nuovo resi vittime. Chi ha l'obbligo di risolverla è lo Stato, che ha generato il conflitto durante la dittatura e anche in epoca democratica, visto che i delitti sono continuati.

L'altra è in un documento firmato da alcuni nipoti recuperati, che sta sul blog dedicato al processo Sampallo-Barragán:

Il diritto all'identità è un diritto umano, e come tale irrinunciabile. E' altrettanto importante che il diritto alla vita, alla libertà e all'integrità fisica. Nessuno deve decidere se vuole o no esercitare questo diritto, perché è lo Stato il responsabile di garantirlo e preservarlo.

Lascio senza commento perché sarebbe sparare alla croce rossa, ma forse qualcuno può pensare che gli argomenti siano meno contorti di quanto sembra a me.

La sorpresa è stata scoprire in compagnia di chi sono in queste perplessità. Avevo dei pregiudizi, è chiaro, e mi sbagliavo.


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